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Amelio, Gianni


Amelio, Gianni

1945

XX

M

Gianni Amelio nasce nel 1945 a San Pietro di Magisano, in provincia di Catanzaro. Subito dopo la nascita, il padre emigra in Argentina per raggiungere il nonno, trasferito laggiù per motivi di lavoro, e trascorre infanzia e adolescenza con la madre e la nonna. L'assenza della figura paterna sarà una costante in molte sue opere. Frequenta il liceo classico P.Galluppi di Catanzaro. All'Università di Messina, dove si laurea in filosofia, comincia ad interessarsi di cinema. Organizza proiezioni e dibattiti in diversi circoli culturali, prediligendo le tematiche neorealiste. Entra nella redazione della rivista Giovane Critica con il ruolo di critico cinematografico e letterario. Nel 1965 si trasferisce a Roma dove lavora fino al 1969 come operatore e aiuto regista in sei film, alcuni dei quali di Gianni Puccini, ma anche con Vittorio De Seta, Anna Gobbi, Andrea Frezza e Liliana Cavani. Nello stesso tempo lavora anche per la televisione, dirige dal 1967 servizi per diverse rubriche, fa da assistente ad Ugo Gregoretti sia nel documentario Sette anni dopo sia in molti caroselli pubblicitari, collabora con Alfredo Angeli, Enrico Sannia e Giulio Paradisi. Inoltre dirige alcuni documentari industriali. Nel 1970 si mette dietro la macchina da presa nell'ambito dei programmi RAI, in un periodo in cui la televisione di stato favorisce l'esordio di molti giovani registi, realizza per la serie "Film Sperimentali per la TV" la pellicola La fine del gioco, a cui fanno seguito nel 1973 La città del sole, tratto dall'opera di Tommaso Campanella che vince il Gran Premio del Festival di Thonon-Les-Bains dell'anno successivo, quindi Bertolucci secondo il cinema, (1976) un documentario sulla lavorazione dal film Novecento. Dello stesso anno è anche Effetti speciali, un thriller imperniato sul mondo del cinema, mentre due anni dopo dirige il giallo La morte al lavoro, tratto dal racconto Il ragno di Hanns H. Ewers, vincitore del premio FIPRESCI al Festival di Locarno, il Gran Premio Speciale della Giuria e il Premio della Critica al Festival di Hyères. Nel 1979 gira quello che è considerato il suo lavoro migliore sul piccolo schermo, Il piccolo Archimede, molto apprezzato dalla critica, adattato dal romanzo omonimo di Aldous Huxley, che frutta a Laura Betti il premio di miglior attrice al Festival di San Sebastian. Infine, nel 1983, realizza il suo ultimo lavoro televisivo per Rai 3, I velieri, tratto dal racconto omonimo di Anna Banti, per la serie 10 scrittori italiani, 10 registi italiani. Finalmente, nel 1982, entra nel circuito cinematografico propriamente detto: il film Colpire al cuore, presentato alla mostra cinematografica di Venezia, che affronta coraggiosamente lo scottante tema del terrorismo nell'ottica di un rapporto contrastato tra padre e figlio, riscuote il favore della critica. I consensi si confermano nel 1987 con I ragazzi di via Panisperna, che racconta le vicende del gruppo di fisici di cui facevano parte, negli anni trenta, Enrico Fermi ed Edoardo Amaldi. Girato in due versioni - una più lunga per il piccolo schermo - ottiene numerosi riconoscimenti, tra cui il premio per la miglior sceneggiatura al Festival Europacinema di Bari, il premio per il miglior film al Festival di Abano Terme, e il Premio Valmarana. Nel 1989 il film Porte aperte, tratto dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia e superbamente interpretato da Gian Maria Volonté, lo lancia come autore di dimensioni internazionali e gli procura una nomination all'Oscar nel 1991. Vince inoltre 4 premi Felix, 2 Nastri d'Argento, 4 David di Donatello e 3 Globi d'Oro assegnati dalla stampa estera in Italia. Nei quattro film che seguono Porte aperte, sviluppa tematiche legate alla realtà sociale con dolorosa partecipazione e sensibilità artistica. Con Il ladro di bambini, il suo maggior successo commerciale, vince nel 1992 il Premio speciale della giuria al Festival di Cannes e l'European Film Award come miglior film, oltre a 2 Nastri d'Argento, 5 David di Donatello e 5 Ciak d'Oro. Lamerica si aggiudica nel 1994 il premio Osella d'Oro alla Mostra del cinema di Venezia, oltre al Premio Pasinetti come miglior film. Inoltre vince 2 Nastri d'Argento, 3 David di Donatello e 3 Ciak d'Oro. Quattro anni dopo, Così ridevano, probabilmente il suo lavoro di più difficile comprensione per il grande pubblico, vince il Leone d'Oro, sempre alla Mostra del cinema di Venezia. Alla 61ª edizione del Festival di Venezia si presenta in concorso con il film Le chiavi di casa, tratto dal romanzo di Giuseppe Pontiggia Nati due volte, dove affronta il tema di un padre che tenta di stabilire un rapporto col figlio disabile. Il film, nonostante fosse considerato dalla critica come uno dei più autorevoli candidati al Leone d'Oro, non vince nessun premio. Pochi mesi dopo viene selezionato come candidato italiano agli Oscar per il miglior film straniero, ma nel gennaio 2005 non rientra nella cinquina dei finalisti. Il mese seguente si aggiudica però il Nastro d'Argento per la miglior regia. Dal 1983 al 1986 ricopre la carica di insegnante nel corso di regista al Centro Sperimentale di Cinematografia. Nel 1992 viene nominato membro della giuria alla 49ª edizione della Mostra del cinema di Venezia, e nel 1995 ricopre le stesse mansioni al Festival di Cannes. L'ultima fatica di Amelio per il grande schermo è La stella che non c'è (2006), ispirato al romanzo di Ermanno Rea La dismissione ma liberamente adattato dal regista che ha voluto (idealmente) partire là dove il romanzo di Rea finiva. La storia infatti racconta una specie di odissea che il protagonista, interpretato da Sergio Castellitto, compie in Cina per rintracciare l'acciaieria dismessa dove ha lavorato per quasi una vita. Vuole recapitare a tutti i costi un giunto cardanico agli operai cinesi, un pezzo che manca al meccanismo della siviera, il cesto metallico che serve per colare l'acciaio fuso negli stampi. Senza di quello, infatti, potrebbe verificarsi di nuovo il grave incidente dove ha perso la vita un operaio suo compagno. Il film è stato presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2006. Il 9 dicembre 2008 è stato nominato direttore del Torino Film Festival.



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