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Cotugno, Domenico


Cotugno, Domenico

1736

XVIII

M

Domenico Cotugno nacque a Ruvo di Puglia il 29 gennaio 1736 da una famiglia di umili origini.
Dimostrando fin dalla tenera età doti non comuni di intelligenza e di memoria, studiò il latino, la logica e la metafisica e si avviò più tardi allo studio della matematica, della fisica e delle scienze naturali. Fu iniziato alla medicina da un medico pugliese molto stimato, G. B. Guerna, e nel 1753, si recò a Napoli per frequentare gli studi universitari.
Conseguita la laurea in medicina nel 1756, si dedicò alla ricerca anatomica e clinica.
Il desiderio di Domenico Cotugno di conoscere i medici più in vista del resto d'Italia lo spinsero a viaggiare molto, ne rimane traccia vivida nell' interessante Iter Italicum, manoscritto integralmente pubblicato da L. Belloni nel 1960.
Nel 1766 fu chiamato alla cattedra di anatomia dell'università partenopea.
Nel 1780 venne fondata in Napoli l'Accademia delle scienze e Domenico Cotugno ne fece parte fin dalla fondazione
Fu autore di numerose opere di rilevante interesse, tra cui De ischiade nervosa commentarius, pubblicata a Napoli nel 1764, dedicata al celebre medico dell'università di Vienna, Gerard van Swieten, il De animorum ad optimam disciplinam praeparatione del 1778.
Un cenno particolare merita Del moto reciproco del sangue per le interne vene del capo, in cui il Cotugno intende dimostrare in primo luogo che l'azione "impellente" del cuore sarebbe diretta non esclusivamente alle arterie, ma in parte pure alle vene.
Di notevole interesse è anche il diario di un viaggio a Vienna, che il Cotugno lasciò manoscritto col titolo Iter Neapoli Viennam Austriae - Anno 1790. In quell'anno, l'ormai celebre anatomista fu invitato a sostituire il medico di corte, allora temporaneamente indisposto, per seguire la famiglia reale a Vienna in occasione delle nozze di Maria Teresa e Maria Luisa Amelia, figlie di Ferdinando di Borbone, rispettivamente con Francesco e Ferdinando, figli di Leopoldo d'Austria.
Nel 1794 Domenico Cotugno si sposò con Ippolita Ruffo, duchessa di Bagnara, dalla quale non ebbe figli. Alla moglie lasciò l'usufrutto dei suoi beni, che alla morte, per sua disposizione testamentaria passarono agli Incurabili, e alla sontuosa villa di Capodimonte.
Morì a Napoli il 6 ottobre 1822.



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