Tu sei qui:Home
→
Biblioteca digitale
→
Titoli
→
Il viaggio ungarettiano nel tempo e nello spazio : Le prose daunie di Giuseppe Ungaretti / Luigi Paglia – Foggia : Claudio Grenzi Editore, 2005 – 211 p. – recensione a cura di Valentina D’Alba.
Il viaggio ungarettiano nel tempo e nello spazio : Le prose daunie di Giuseppe Ungaretti / Luigi Paglia – Foggia : Claudio Grenzi Editore, 2005 – 211 p. – recensione a cura di Valentina D’Alba.
Il viaggio ungarettiano nel tempo e nello
spaziodi Luigi Paglia è un’edizione
che si pone in continuità con la monografia, pubblicata nel
2003: L’urlo e lo stupore,in cui lo
studioso analizza la poesia Allegria di Ungaretti.
L’edizione del
viaggio ungarettiano curata da Paglia è stata suddivisa in tre
parti dedicate all’analisi
di specifiche fasi e tematiche del pensiero del poeta. Nella prima lo
studioso ripercorre
il ‘viaggio’ esistenziale di Ungaretti, riportando le notizie sulla sua
vita, i
sui suoi studi, le amicizie che lo hanno potuto influenzare, le
esperienze
fatte durante la guerra, fino a scoprire il momento in cui ha avuto
inizio la
sua attività poetica.
Nella seconda
parte, Paglia descrive il viaggio del poeta dall’Egitto alla
Capitanata,
analizzando i rapporti tra la prosa e la poesia, tra il racconto
realistico e
quello inventato, arrivando così da una parte a rivisitare i
luoghi della
geografia sentimentale dell’io narrante - come il natìo Egitto,
l’Italia e il
Brasile - e dall’altra a mettere in relazione i principi vitali e
archetipici,
propri della poesia ungarettiana - come l’arido, l’umido, il sole e
l’acqua.
Il tema
dell’aridità e dell’umidità è presente nelle prose
dedicate ai viaggi in Egitto
e in Brasile, mentre il tema del sole e dell’acqua compare quando il
poeta
descrive il Polesine e l’Olanda. Entrambi i temi si presentano
contestualmente
solo nel viaggio in Puglia, tramite l’abbagliante
«sole-belva» della Capitanata
riflesso nelle fontane e il «Sarah diventato Tivoli» (ma
è possibile ritrovarli
anche in Egitto e in Brasile, essendo paesi caldi e pieni di fiumi).
Nella terza
parte l’autore compone un’antologia con le otto prose ungarettiane
relative ai
suoi viaggi attraverso la provincia di Foggia.
Il percorso
dauno descritto dal poeta parte da una prima prosa intitolata Il Tavoliere, in cui Ungaretti ricorda
la sua calda terra africana arsa da un «sole, creatore di
solitudine», e
riporta sempre il topico accostamento deserto-acqua; egli, infatti,
ostenta la
sua incredulità alla vista delle tante fontane incontrate
arrivando fino a
Foggia ed esclama: «Non è quasi come dire un Sahara
diventato Tivoli?». Con
questi suoi viaggi il poeta tenta di riscoprire anche l’antico, come si
può
notare particolarmente nella prosa Lagiovane maternità (qui, per esempio,descrive il momento in cui osserva il
monumento della Tomba di Rotari da lui considerata non solo un
«sepolcro» ma
anche un «battistero», che rappresenta la
«maternità» e la «vita trionfante»).
Ungaretti continua
a dimostrarsi stupito alla vista di un paese pieno di grano e greggi:
è la descrizione
di San Michele del Gargano, contenuta nella terza prosa, Pasqua.
Qui la luce diventa l’elemento nodale, che rimanda - in un
quadro pasquale - alla correlazione vita-morte-resurrezione. Nella
quarta
prosa, Lucera, città di Santa Maria,e nella quinta, Lucera dei Saraceni,il
poeta
analizza questo paese in provincia di Foggia sia dal punto di vista
religioso che laico: nella sua visita è guidato da una figura
reale,
Giambattista Gifuni, e da una ideale, Dante Alighieri.
Nel primo
scritto su Lucera Ungaretti si sofferma a visitare il Duomo e, nella
prosa
successiva, a riportare ciò che è rimasto del Palatium
federiciano, dandone delle descrizioni dettagliate, per le
quali ricorre spesso all’uso di metafore. Il viaggio di Ungaretti
prosegue nel
racconto della sesta prosa, Da Foggia a
Venosa, in cui il poeta mostra la sua ammirazione per la piazza
ovale di
Foggia che gli appare «d’una strana potenza», fino poi a
giungere a Venosa,
paese in cui nacque uno dei più illustri poeti di epoca romana:
Orazio.
Il percorso si
conclude a Caposele, tappa presente nella settima e ottava prosa,
scritte nel
1934 e intitolate rispettivamente Alle
fonti dell’Acquedotto e L’Acquedotto.
È qui che Ungaretti rende il più alto tributo
all’elemento dell’acqua,
essenziale per l’uomo del deserto durante l’attraversamento delle
terre. Il
viaggio ungarettiano parte dalla descrizione dello spettacolo
commovente delle
fontane diFoggia per mettere in
evidenza, durante tutto il suo cammino, l’elemento dell’acqua designato
come
miracolo e sollievo per il viaggiatore che si aggira tra
l’aridità e il caldo
della pianura. Infatti, l’ultima prosa si conclude riprendendo due
versi del Canticodelle creature di
San Francesco d’Assisi: Laudato si' mi'
Signore per sora acqua, / la quale è molto utile.
Il curatore, dunque, evidenzia come le
metafore principali siano l’acqua, il deserto e la luce raffiguranti
elementi
vitali oltre che ‘geografici’.
Alla maniera di
Paglia, le prose ungarettiane si possono definire come «racconti
di viaggio e
come arabeschi d’invenzione», perché sullo sfondo della
descrizione dei luoghi
e delle realtà dei singoli paesi spunta quella che lo studioso
definisce una
concentrata «divagazione intellettuale e fantastica dell’io
narrante». Lo studio di Paglia, quindi, sottolinea le
articolazioni semantiche, simboliche, metaforiche delle prose
ungarettiane
offrendoci un’analisi attenta e preziosa del motivo del viaggio in
Ungaretti,
avendo prima collocato l’autore dal punto di vista storico-culturale.
Completa il
lavoro un’accurata sezione bibliografica sulla vita del poeta e una
ricca
bibliografia critica sulle prose di viaggio di Ungaretti.