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L'itinerario dell'intendente borbonico nella Terra d'Otranto (XIX sec.)


 
Itinerario curato da Fabiana Fago

 
E’ nella primavera del 1818 che  il marchese Giuseppe Ceva Grimaldi comincia da Napoli il suo viaggio in Terra d’Otranto: un lungo viaggio che conduce dai boschi al mare, passando per gli enormi campi di grano e frumento del tavoliere, attraversando la Terra di Bari e tutta la Terra d’Otranto, per giungere a Leuca, considerata dagli antichi romani finibus terrae.
 
Lo stesso paesaggio ancora si vede arrivando da Nord, lungo le due  direttrici importanti che portano in Puglia: l’A16, che passa per l’Irpinia, oppure  l’A14, attraversando il Tavoliere, per arrivare in Capitanata  seguendo le tracce di Ceva Grimaldi, grazie al resoconto del suo viaggio, Itinerario da Napoli a Lecce e nella provincia di Terra d’Otranto.

Terra d’Otranto

Terra d'Otranto

Il nobile napoletano, funzionario del Regno e uomo di grande cultura, era stato inviato in Terra d’Otranto per ragioni politiche. Fiduciario dei Borboni, fu nominato Intendente della Provincia, col  delicato compito di sedare le azioni violente di gruppi di carbonari e di briganti .
Varcato il confine tra la Campania e la Puglia Ceva Grimaldi passa per il ponte di Bovino, tra boschi che sostiene essere:
 
la nostra Selva nera, per lungo tempo […] luogo diletto agli scherani e masdanieri. […] Oggi però – aggiunge - questi luoghi sono perfettamente tranquilli: sedici teste di banditi chiuse in gabbie di ferro coronano da una parte e dall’altra le sponde del ponte.

ponte di bovino

Ponte di Bovino

Oggi a Bovino non ci sono più le macabre teste dei briganti appese nelle gabbie sul ponte,  ma il paese, raggiungibile in automobile o con un treno regionale che sosti alla stazione Bovino-Delicato, si presenta come  un borgo molto bello, fondato dai Dauni e successivamente passato sotto il controllo dei romani che gli diedero il nome di Vibium, attestato già da Plinio e Polibio. Bovino è chiamata il borgo degli ottocento portali di pietra, la pianta della parte antica ha una configurazione tortuosa e stretta, ma visitandola è sorprendente scoprire le numerose attestazioni del suo coinvolgimento nelle vicende storiche di Bizantini, Longobardi, Normanni, Svevi e Angioini.
 

bovino, castello

Castello di Bovino

Il marchese Ceva Grimaldi si rasserena quando spostandosi in direzione di Foggia, superato il ponte di Bovino e quello di Monte Calvello scoprirà un punto di vista magnifico e il suo sguardo si soffermerà sulle immense pianure della Puglia, che sono terminate dal Monte S. Angelo e dall’Adriatico.
Monte S. Angelo, situato all’altezza di 843 m sul livello del mare, ospita il santuario di S. Michele, situato in una grotta nella quale nel V secolo si racconta che ad un pastore apparve l’Arcangelo. La strada che conduce al paese e al santuario è molto stretta e tortuosa; alla vista del viaggiatore risaltano in particolare le rocce biancastre del monte, che costituisce una delle punte del promontorio garganico. Del santuario vanno segnalati  sia il campanile di forma ottagonale, sia il portale gotico,  una metà del quale è risalente al Trecento, l’altra costituisce la copia e il rifacimento  ottocentesco di quanto ha distrutto  il tempo.
Il paesaggio è meraviglioso, l’atmosfera di questo luogo ha incantato pellegrini e viaggiatori di ogni epoca:
 
la parte medievale del borgo è molto ben conservata e vi si possono ammirare case in pietra addossate le une alle altre. Anche la cucina locale lascia pienamente soddisfatti per l’uso dei cereali e dei prodotti dell’orto, per il pane e i dolci tipici di mandorle e ostia.

monte sant’angelo castello

Monte Sant'Angelo, Castello

Dopo il Gargano la prima città che compare alla vista è Foggia:
 
Foggia risiede quasi regina nel mezzo di vastissimo piano, alla sinistra è posta S. Severo e quindi Lucera; alla destra succedono il bosco di Delicato, S. Agata, Ascoli, e nel fondo il fiume Ofanto. Foggia è tutta aperta, le sue strade sono ampie.
Il marchese appare favorevolmente colpito dagli abitanti della città tanto da dire di loro amano i piaceri […] ma non trascurano la mercatura, la pastorizia e l’agricoltura. Né è raro il vedere nello stesso cortile una elegante carrozza con un tiro di due superbi cavalli, ed un carro grave de’ doni di Cerere che tre robuste mule trasportano dai campi vicini.

Foggia

Carta di Foggia

Foggia, Veduta della villa

Foggia, Veduta della villa

Lucera e San Severo, località che hanno una storia gloriosa alle spalle, che risale ai tempi dei romani, distano circa 25 km da Foggia. Lucera, la cui cinta muraria è imponente per i le 15 torri a pianta quadrangolare e le 2 a pianta circolare, chiamate del Leone e della Leonessa, e San Severo, città dei campanili, anticamente conosciuta come Castel Drione, sono due località perfette in cui sostare per un giorno o due e godere tra le altre cose dello splendore di una campagna molto generosa, in cui si possono fare delle passeggiate a piedi o in bicicletta, sia lungo stradine piccole e tortuose sia per caratteristiche strade sterrate che la circondano verso la campagna.

lucera, anfiteatro

Lucera, Anfiteatro

san severo

San Severo

 
Sensibilissimo alle variazioni paesaggistiche Ceva Grimaldi percepisce e segnala un grande cambiamento quando avvicinandosi al ponte sull’Ofanto scriverà:
 
Alle vicinanze di Barletta […] la coltivazione della terra è cangiata ad un tratto come in una scena da teatro. All’immense pianure della Puglia tutte nude di alberi, consacrate alle più ubertose messi, o al pascolo, succedono gli oliveti ed i giardini, di cui son liete le province di Bari e d’Otranto.
 
 
Se si volesse elaborare un itinerario che riprenda il percorso fluviale dell’Ofanto, dunque un percorso nel percorso, si avrebbe modo di rivisitare località che hanno ospitato l’intera vicenda evolutiva dell’uomo: partendo dai ritrovamenti ipogei di Trinitapoli, in provincia di Foggia, e passando agli insediamenti greci e latini della città di Canosa, per giungere al romanico delle cattedrali di Canne della battaglia e Bari.

Canosa, Chiesa di s.sabino

Canosa, Chiesa di S.Sabino

CANNE

Canne della Battaglia

Bari, Sotterraneo di S. Nicola

Bari, Sotterraneo della Basilica di San Nicola
Barletta ospita oggi ogni anno le manifestazioni legate alla celebre Disfida di cui è stata protagonista nel lontano 1503, quando si affrontarono sul campo francesi e spagnoli (al cui posto combatterono gli italiani guidati da Ettore Fieramosca). La rievocazione riprende nel dettaglio ogni fase del celebre evento storico, dalla lettura del Cartello di sfida all’investitura dei cavalieri e alla sfilata con i costumi dell’epoca.
Ceva Grimaldi si sofferma invece ad osservare il porto della città, noto nella storia per la partenza dei primi crociati e per la potente flotta armata dagli Angioini.
 
 
Il molo di Barletta è delizioso forse al pari di quello di Napoli; la porta che vi conduce dalla città chiamata Porta di mare è una delle belle opere del regno di Carlo III, sulla punta del molo si vede la città coronando il lido, che poi si prolunga alla sinistra sino al golfo di Manfredonia; il Gargano d’incontro a Barletta sembra tutto circondato dal mare, le isole di Diomede sono nascoste da questo monte.
 
Facilmente il viaggiatore d’oggi potrà raggiungere le isole Tremiti (in elicottero da Foggia, o via mare da Termoli), le Diomedee con l’antico monastero, verdi di pini che arrivano al mare e assordate dall’intenso canto delle cicale; ma particolarmente, se non viaggerà in estate, potrà godere di riscoprire l’incanto dei piccoli borghi marinari, riportati dall’inverno alla loro autentica natura.

isole tremiti

Isole Tremiti

 
Il viaggio dell’intendente borbonico prosegue, lasciandosi alle spalle le Tremiti, verso Trani:
 
 
Trani è una delle più vaghe città della Puglia in riva all’Adriatico lontana sei miglia da Barletta: il tratto di strada da Barletta a Trani è delizioso, alla dritta è posta Andria e poi Canosa, che Orazio pretende esser fondata da Diomede.
Trani è ben fabbricata, i suoi abitanti si trattengono soavemente in gentil brigate, amano il ballo e gli spettacoli: un incendio avendo alcuni anni fa consumato il teatro da essi formato, poco dopo ne innalzarono un altro anche più vago.
Comincia ad avere un nome nel secolo XIII nell’occasione delle crociate per la comodità del suo porto. I Templari vi avevano un ospedale, il commercio tra i Levante e l’Italia formò la sua ricchezza; gli Ebrei, che correvano dovunque vi era da guadagnare, vi si stabilirono e vi si mantennero sino ai tempi degli Aragonesi; sotto gli Angioini Trani aveva un arsenale e forniva due galee.
Al viaggiatore contemporaneo (che dei Templari potrà vedere la bella chiesa romanica ancora esistente) Trani, la cui storia secolare coinvolge uomini di paesi e culture diverse, appare signorile e maestosa; giunti a Trani, d’obbligo sono una visita al centro storico e una alla bianca Cattedrale, singolare e suggestiva per la sua posizione sul bordo del mare, capolavoro dell’arte romanica.
Prossimo alla cattedrale è il Castello federiciano, con tipica pianta quadrangolare e un enorme cortile centrale, in cui si leggono le tracce di un lungo passato. Oltre al fascino del tempo è la sua posizione in riva la mare, per meglio dire al centro di una rada, che lo rendono molto singolare e da sempre avamposto per gli arrivi dal mare.

trani, cattedrale

Trani, Cattedrale

Allora importantissimo e ancora oggi molto suggestivo è il porto di Trani, che il marchese descrive come un picciol seno di mare della figura pressoché del ferro di cavallo, con una superficie di circa 135.000 mq d’acqua e con una darsena comunale di grande richiamo per la navigazione da diporto, lungo in cui è affascinante passeggiare al tramonto, tra specchi d’acqua rosati e lo spettacolo, di fronte, del vivace viavai di via degli Statuti Marittimi, dei ristorantini sul mare, della bella e antica libreria La Maria del porto, che organizza ogni anno in autunno i dialoghi tranesi, giornate di incontri e dibattiti con scrittori e filosofi sui libri e sui popoli del Mediterraneo. Va segnalato che da Trani nel mese di agosto è possibile imbarcarsi con un catamarano per Dubrovnik, ed arrivare in pochissime ore sulle splendide coste della riva opposta dell’Adriatico. E, a chi fosse attratto da questa possibilità, consigliamo anche un veloce spostamento, a una mezz’ora di macchina da Dubrovnik, a Trebinje, in Erzegovina, una ridentissima località insieme turca e austroungarica, tra colline incorrotte dal progresso, una specie di Svizzera del Settecento.

Trebinje

Trebinje

Per chi fosse invece interessato all’enogastronomia che in Puglia è un felice incontro tra mare e terra e nell’ambito della quale si esalta da sempre la triade mediterranea della vite, dell’olivo e dei cerali, non si può fare a meno di dire che esistono a Trani numerose aziende vinicole, che operano con successo soprattutto per la diffusione al consumo del vino tipico locale, considerato il più nobile e antico di Puglia: il Moscato di Trani. Questo vino D.o.c viene prodotto in loco e in una vasta area situata attorno al paese che comprende altri 11 comuni. Il moscato è un vino dolce indicato per accompagnare i dolci tipici regionali e soprattutto la pasticceria secca di mandorle.
Costeggiando il litorale sulla SS 16 bis, chiamata appunto Adriatica e che prosegue a Sud sino a Bari, il viaggiatore contemporaneo che volesse ripercorrere le orme del marchese Ceva Grimaldi, arriva a Bisceglie, Molfetta e Giovinazzo queste città sono poco distanti l’una dall’altra in riva all’Adriatico, cinte di mura e di torri. Esposte alle scorrerie de’ Saraceni la sicurezza e la difesa era il primo oggetto; il fortificarle il primo studio.  I borghi antichi di queste cittadine stanno ora vivendo una vera e propria rinascita. A Giovinazzo tra antichi bastioni e chiese romaniche, piazzette e stradine aggrovigliate, si sviluppa una piacevole vivacità di piccoli locali, iniziative culturali e passeggiate notturne, mentre s’intravede nel buio l’interno di ricche case signorili, e vasi verdi e fioriti di varie forme appoggiati sulle caratteristiche “chianche” accompagnano il percorso.
A Molfetta oltre alla bellissima cattedrale è possibile ancor oggi visitare l’Ospedaletto dei Crociati, situato a ridosso della splendida basilica della Madonna dei Martiri, un edificio totalmente recuperato è utilizzato oggi per mostre ed eventi culturali.

molfetta

Pianta della città di Molfetta

Oggi oltre ad ammirare il porto che in passato ha ospitato la flotta peschereccia più numerosa e imponente del basso Adriatico e a prendere un caffè nei pressi del Duomo, da dove si possono guardare numerose imbarcazioni attraccate e splendidi tramonti sul mare, è anche possibile, per i viaggiatori con curiosità archeologiche e naturalistiche, fare una sosta presso il Pulo, una pittoresca cavità della roccia, dove si abbarbica una romantica vegetazione. Diverse sono le opinioni su cosa esso sia: per alcuni studiosi si tratta di una grotta calcarea ricoperta in modo molto fitto dal salnitro, per altri di una specie di cratere creatosi migliaia di anni fa: Oltre ad essere un importante elemento geologico, nel Pulo si sono trovate tracce della presenza di uomini risalenti al Neolitico e di circa 150 specie botaniche differenti, il cui 12% è tipico del luogo. Molfetta però non è l’unica località dove sostare per una visita di questo tipo, in quanto anche
Bisceglie ospita il Dolmen della Chianca, molto vicino al centro cittadino; si tratta di un monumento preistorico, antico luogo di culto, costituito da tre pietre quadrangolari alte più o meno 1,80 m che dà accesso ad una stanza - il dromos - in cui sono stati rinvenuti avanzi di animali sacrificati, stoviglie e i resti di un uomo neanderthaliano. 
In epoca romana nei pressi del centro abitato di Bisceglie, che prende il nome dal Viscile, una qualità di quercia, ancora oggi raffigurata nello stemma della città, vennero edificate delle costruzioni denominate Casali, costituite da una grande casa in pietra locale, fortificata e cinta di mura e da uno o più cortili in cui si svolgeva la vita quotidiana; ancora oggi è possibile visitarne alcuni come quelli di Giano, Pacciano, Sagina, Zappino e San Nicola.

 bisceglie, porto

Veduta di Bisceglie

 
Il colto Ceva Grimaldi nei suoi appunti riprende spesso la storia delle località in cui transita, ma, sulle orme di Orazio e per esperienza diretta, tiene a puntualizzare dell’abbondanza di pesce che si trova a Bari, capoluogo della Puglia, e in genere in tutta la marina dell’Adriatico:
 
 
L’origine di Bari si perde nelle favole di cui è inviluppata la nostra storia patria prima de’ Normanni. Si pretende che il tipo delle sue antiche medaglie fosse una nave sopra di cui un amorino alato scocca un arco.[…]. Questa città è in riva al mare nella più ridente situazione: sulla strada che conduce a Mola, stassi edificando un vasto borgo, che diverrà una nuova città. È questo uno dei luoghi più favoriti per lo pubblico diporto e per la vivacità naturale del popolo barese ispira la gioia: la strada sulle mura sarebbe piacevole se fosse più larga e meno interrotta.
 
Bari ha la singolare caratteristica di essere divisa in due parti: la città nuova, quella appunto tra i cui primi lavori di costruzione passeggia l’intendente borbonico, sviluppatasi a partire dagli inizi dell'Ottocento durante il regno di Giocchino Murat, e che da lui prende il nome di quartiere murattiano, caratterizzata da una pianta illuministica e da una suddivisione geometrica  delle strade, con grandi isolati quadrati, al cui centro sempre più rari sussistono antichi giardini d’agrumi; e una “Bari vecchia”, che raduna i più importanti monumenti medievali e rinascimentali, tra cui la Cattedrale e la Basilica di San Nicola e il Castello Svevo.

vaduta di bari

Bari, Lungomare

Bari, La Basilica di S.Nicola

Bari, Basilica di San Nicola

Un nuovo lungomare, splendido esempio di razionalismo architettonico novecentesco, con palazzi come quello dell’aeronautica militare, che sembra uscito da una pittura metafisica di De Chirico, si aggiunge a quello che corre sotto le antiche mura, la cosiddetta “muraglia”, a chi passeggia sulla quale, come fa Ceva Grimaldi, si apre sulla sinistra la vista delle arcate maestose di San Nicola, una delle più famose basiliche del Sud.
Il borgo antico, che per essere diviso da quello murattiano ha conservata intatta la sua veste medievale, senza intrusione di edifici moderni, e la sua pianta “a dorso d’asino”, tra arcate ogivali che la assimilano alle città costruite dai Crociati in Oriente, a dispetto di quanto sostenuto da Ceva Grimaldi offre oggi una meravigliosa vista sul mare, da quella che è comunemente nota come la Muraglia. Seguendone il percorso si può ammirare dall’alto il lungomare, ma anche scegliere tra una grande quantità di ristorantini e locali caratteristici, in cui gustare cucina tipica pugliese.
Ceva Grimaldi, che di Bari apprezza anche altre bellezze (le donne, particolarmente le donzelle, sono linde e ben fatte: l’acconciatura de’ loro capelli con de’ nastri intrecciati è graziosa, e ricorda le acconciature che trovansi talvolta nelle statue greche), sembra ambientarsi sempre più nella Puglia adriatica , e lasciarsi andare a un sempre maggiore entusiasmo:
 
le immagini più vivaci possono appena descrivere le bellezze naturali della strada tra Bari e Mola. Deliziosi giardini la circondano, che alla sinistra dolcemente discendono verso il mare, il quale è molto vicino, ed alla destra sono terminati da boschetti d’ulivi: niente può idearsi di più pittoresco, pare che si cammini in un giardino inglese. L’Adriatico, le cui onde hanno il colore del più vago verde smeraldo, forma nel lido da Mola a Bari piccoli seni e piccoli porti, come quelli ove le Fate d’Ariosto e Tasso legavano le loro barchette.
Mola è una piccola città posta sopra d’un istmo, che si prolunga molto nel mare, ed è ben fabbricata.
 
Oggi, dall’entroterra e dagli stessi più grossi centri costieri, vi si va al tramonto per assistere all’arrivo delle barche e dei pescherecci che ritornano dalla pesca quotidiana, e scegliere direttamente dalle ceste i propri acquisti, tra il più fresco e abbondante pescato.
A Mola l’Intendente dedica un singolare elogio alberghiero, di cui si presenta gradevole, oggi come allora, l’esperienza:

mola di Bari

Mola di Bari

 
Dopo centocinquanta miglia da Napoli incontrasi qui il primo albergo ove il viaggiatore possa comodamente riposarsi, ed ove trovi almeno una certa nettezza. Non vi è lusso nei mobili nè una mensa delicata, ma le mura sono bianche, i pavimenti spazzati, i letti buoni, le sedie incomide sì ma non sudice; e con l'eccellente pesce dell'Adriatico ed i buoni vini del paese si fa poi presto un banchetto.  
 
A poca distanza da Mola trovasi Polignano, piccola città, edificata sopra di uno scoglio che si eleva di molto sul mare. Un mezzo miglio prima di giungervi s’incontra un seno o piuttosto un piccolo porto naturale: il porto che aveva una volta sul golfo nel principio del secolo XVI fu arenato dai Veneziani.
Il pubblico cammino alle vicinanze di Polignano è orribilmente sassoso, ma il sito è ridente quanto mai: le collinette che signoreggiano il lido, presso al quale corre la strada, sono coronate da boschetti di ulivi che nascondono per qualche tratto la vista del mare; ma dove sono meno folti la ridonano con piacevole sorpresa.

Polignano

Polignano

A partire da Polignano e Monopoli il paesaggio fonde insieme meravigliosamente il mare e la collina delle Murge: una vera e propria gioia per la vista di chi arriva in questi luoghi comincia ad apparire, sia pure dalla discreta distanza che impone la dolce altezza della SP 16 che da Fasano, ultima terra in provincia di Bari, conduce a Cisternino, Locorotondo e Martina Franca situate nell’entroterra adriatico, nel cuore della Valle d’Itria.
 
Ostuni gode di una vantaggiosa situazione, ma è poco regolarmente fabbricata. Qui cominciasi a vedere i cavalli forse i più alti del Regno […]. Gli oliveti di Ostuni son ben coltivati e formano la sua ricchezza.  
 
Oggi come ieri Ostuni appare bianca, a una svolta della strada, abbarbicata sulla vetta della collina,  incorniciata tra il verde degli ulivi e l’azzurro vivo del cielo meridionale. Al viaggiatore contemporaneo questa meravigliosa cittadina, che per le sue case è detta la città bianca, offre la scoperta delle sue stradine, su su in alto verso la cattedrale dal grande rosone gotico, delle sue botteghe artigiane, dei piccoli locali tra alberi di fico, grotte, scalette ripide.
Dopo Ostuni è la volta di Mesagne:

mesagne, castello

Mesagne, Castello

mesagne

Mesagne, atrio interno del Castello

 
I campi di Mesagne sono piacevolmente terminati da siepi di agave, volgarmente sempre viva. Il maestoso stelo di questa pianta, che s’innalza sino a dodici piedi; e la forma ed il colore delle sue foglie le dà un non so che di straniero, che piace e trasporta l’immaginazione ai paesi dell’Oriente. Questa pianta è utilissima: le api ne traggono un miele delizioso; la decozione dei suoi fiori è giovevole[…].
 
 
Per i conoscitori della storia, Mesagne rappresenta una vera e propria icona dello sviluppo urbano ed edilizio delle città meridionali in espansione tra la fine del Cinquecento e gli ultimi decenni del Seicento. Numerosissimi sono i palazzi caratterizzati da finestre ricche di fregi e cornici con motivi geometrici, i portali e le logge di grande bellezza. Il castello di Mesagne costruito probabilmente nell’undicesimo secolo sotto il dominio bizantino, riaperto dopo una lunga ristrutturazione ospita oggi il Museo del Territorio, dove sono in mostra, per la prima volta, reperti dell’antica Messapia: stele di rara bellezza e vari corredi funerari; anfore in ceramica, vasi da banchetto; unguentari e numerosi gioielli d’oro.

 

locorotondo

Locorotondo

La strada di posta conduce da S. Vito a Lecce per Campi; ma un viaggio lungo il litorale della provincia di Otranto domanda le prime cure d’un curioso viaggiatore. Questo litorale gira per 260 miglia, è bagnato dall’Adriatico e dall’Ionio; e forma secondo la volgare ma vera espressione il calcagno dello stivale d’Italia. Era custodito una volta da 78 torri contro alle scorrerie de’ Turchi; ma represse queste del re Carlo III le torri sono in parte cadute in ruine, […] la prima di queste torri chiamasi S. Leonardo. La riva sino a Brindisi è generalmente bassa e arenosa. Brindisi! Questo nome ispira profonda venerazione!

 

Due colonne gemelle realizzate con un marmo proveniente dalla Turchia sono da sempre il simbolo della città, ritenute il termine della via Appia, furono in realtà un riferimento per i naviganti dell’antichità; oggi ne resta integra solo una di circa diciotto metri, dell’altra è visibile solo la base. Di grande interesse è anche il centro storico, in parte ancora tutto interno alle mura aragonesi, risalenti al XV secolo circa e successivamente ampliate e modificate a scopo difensivo da Carlo V, con degli enormi bastioni.
Lungo il litorale da Brindisi ad Otranto ci si può fermare in numerose spiagge di meravigliosa bellezza, ma è anche possibile sostare nelle numerose masserie, talvolta anche fortificate, che costellano la costa. Si tratta per lo più di insediamenti sorti in epoca medievale, esempi meravigliosi del filo doppio che esiste tra l’uomo e la terra; masserie da guardare come le testimonianze oggettive di un passato feudale che ebbero un’ottima funzionalità nell’Ottocento, quando nelle campagne pugliesi si avvertì forte il problema del brigantaggio, per cui Ceva Grimaldi era stato inviato in Terra d’Otranto.

Otranto, castello

Otranto, Il Castello

 

roca, litorale

Roca Li Posti

Roca Li Posti o Rocavecchia è una località piccola ma di grande bellezza, ubicata su una costa prevalentemente rocciosa, si affaccia su un tratto di mare color blu e verde intenso, dove le insenature naturali, mantengono spesso le acque calme. Questa e altre località della costa adriatica sono di facile raggiungimento attraverso la strada statale che collega Brindisi a Lecce e dalla quale si devia per la località marina di San Cataldo; diversamente ci si può informare sugli orari degli autobus e sui treni della linea Sud-Est che percorrono tutta l’area salentina.
 
Tra Roca ed Otranto vedesi il lago di Limini celebre per la delicatezza de’ suoi pesci, questo lago è formato dal mare che si avanza sulla terra, e da molti fonti, che vi portano le loro acque; il suo perimetro è di 12 miglia. Nei principi di maggio si apre dall’arte una foce onde le acque si metton allora a livello del mare. In Agosto la foce si chiude naturalmente per le arene che il mare vi accumula ed allora la pesca è abbondante.

otranto

Otranto

 
Due ampi specchi d’acqua la cui estensione è parallela al senso della costa si incontrano infatti a ridosso del litorale adriatico, collegati al mare da foci sottili.
L’atmosfera dei Laghi Alimini - il Piccolo e il Grande – è estremamente suggestiva, perché essi sono quasi interamente circondati da corone rocciose e fitta vegetazione.
Entrambi i laghi sono ben attrezzati turisticamente, con strutture non invasive, per ospitare in grande confort. Si possono affittare anche per singole settimane delle villette nei pressi delle spiagge limitrofe, offrendo soprattutto ai giovani la possibilità di effettuare numerosi sport acquatici tra cui il windsurf. D’inverno possono essere un’insolita e suggestiva base per spostarsi nelle vicine città del Salento. E il fascino che sprigiona dagli specchi cristallini dei laghi orlati di verde nelle passeggiate d’inverno sembra riportare quei luoghi indietro nel tempo.

laghi alimini

Laghi Alimini

 
Più volte premiata con le cinque vele di Legambiente, per la salvaguardia della costa e la lotta alle concessioni demaniali "selvagge", Otranto deve la sua suggestività soprattutto al suo borgo antico, che ha resistito alle burrasche del tempo e si presenta bellissimo, oggi come ieri. Di Otranto scrive il nostro viaggiatore:
 
tutte le geografie chiamano Otranto capitale della provincia […] La cattedrale ha pavimento a musaico mirabile per l’epoca della sua costruzione, che vuolsi eseguita ai primi tempi dei Normanni, le colonne di granito orientale appartenevano ad un antico tempio di Minerva. Queste colonne sono gli unici avanzi di una città, le cui mura eran munite da cento torri, e che ora come Taranto occupa il solo sito dell’antica rocca. Otranto è infatti così antica, che non ne rimane neppure vestigio non ombra non memoria quasi alcuna; i suoi contorni sono ameni per l’abbondanza dei fonti e delle sorgenti d’acque, che scorrono tra i boschetti di lauri di mirti di aranci e di ulivi.
Da questo luogo veggonsi così vicini i monti dell’Epiro, che si racconta aver Pirro concepita la strana idea di unir con un ponte l’Italia alla Grecia, ponte che avrebbe avuta la lunghezza di circa cinquanta miglia. Il tragitto da Otranto a Corfù si fa con un vento favorevole in poche ore, e si potrebbe in poche ore andare a diporto nei giardini di Alcinoo.

 

Ed effettivamente Otranto rappresenta a sud il punto più vicino da cui partire per un viaggio nella  Grecia, specie per gli amanti della vela, o per l’Albania - che con la Grecia era identificata al tempo in cui scrive Ceva Grimaldi - da cui dista soltanto 70 km.
Entrando nel centro storico si passa per la maestosa Porta Alfonsina; per le viuzze lastricate invece è possibile ammirare i resti di una casa- torre e ancora più avanti l'ingresso della Cattedrale. Mentre sul mare, si erge il Bastione dei Pelasgi da dove si può scorgere l’incantevole panorama del porto; proseguendo attraverso il borgo si giunge nella piazza della Basilica, sulla quale signoreggia la facciata della Cattedrale; l'edificio è noto principalmente per un mosaico pavimentale del XII sec. tra i più importanti d'Europa.
 

Otranto, duomo

Otranto, Duomo

Il mosaico otrantino, meraviglioso per essere formato da tessere policrome di calcare locale bianche, grigie, verdi e dorate e databile intorno al 1163 circa, è protagonista del noto romanzo di Roberto Cotroneo, Otranto. 
Ma è solo l’ultimo rimando, questo, di un lungo rapporto tra la città salentina e l’arte, dal Castello di Otranto di Walpole, all’origine del romanzo gotico, ai film di Carmelo Bene, che in lunga sequenza riprendeva i teschi dei martiri dell’assedio turco del XV secolo, conservati a centinaia nella Cattedrale.
Più avanti s’incontra Soleto:
 
 
Vuolsi che un villaggio di mille e ottocento anime dodici miglia circa lontano da Lecce, chiamato Soleto, sia l’antico Salento. […] Soleto è situato su una collina nel mezzo dell’estrema penisola, alla distanza di circa sedici miglia dall’Adriatico, e quasi ad egual distanza dallo Jonio; vi sono dei vigneti, degli ulivi, de’ terreni atti al pascolo.
 
Proseguendo a Sud, lungo il litorale che da Otranto giunge a S. Maria di Leuca, lungo circa 50 km, si ha modo di osservare, con Ceva Grimaldi, che in questo tratto di spiaggia incontrasi i piccioli porti di Vadisco e di Tricase e la celebre grotta della Zinzalusa. I giornali di Francia annunziarono pomposamente nel 1806 la pretesa scoperta di magnifico tempio in fondo di questa grotta.
 
La piccola valle di Badisco scendendo verso il mare forma un porticciolo che si apre fra Punta Scuru e il Capo Palascìa, e che le dà il nome. La mitologia ci racconta che Enea, nel suo viaggio in Italia, approdasse proprio a Badisco. Oltre all’incanto del mare, il cui colore è in forte contrasto con quello bianco della sabbia mista a roccia, che le conferiscono un aspetto quasi selvaggio, Porto Badisco è da segnalare per la scoperta di quella che si conosce come Grotta dei Cervi, denominata in questo modo per le numerose scene di caccia al cervo rappresentate sulle sue pareti e risalenti alla preistoria.

tricase,marina

Marina di Tricase

porto badisco

Porto Badisco

 
La grotta della Zinzulusa è stata scoperta nel 1793 da monsignor F.A. Del Duca ed esplorata successivamente a più riprese sino al 1870; essa rappresenta una delle innumerevoli bellezze naturali della costa adriatica. Localizzata a soli 3 km da Castro marina e vicinissima a Porto Badisco, la grotta è sovrastata da una litoranea incantevole per i colori e per la vegetazione, ma la si può visitare solo a piedi. Intorno alla grotta si può ammirare una scogliera la cui altezza media raggiunge i 15 m a strapiombo sul mare, quasi unica per i colori cangianti che dal grigio arrivano sino al viola, per la presenza di ossidi di ferro nella roccia.

leuca

Santa Maria di Leuca

La Zinzulusa, letteralmente grotta degli stracci, zinzoli, ospita due cavità di diversa grandezza, un piccolo laghetto di acqua cristallina detto il Trabocchetto e meravigliose concrezioni calacaree di varia forma, dimensione e colore, che hanno alimentato gli interessi e le fantasie degli speleologi da cui sono state variamente denominate: Cascata, Aquila, Pulpito, Leggìo, Presepe, Spada di Damocle. Sono conservate nelle biblioteche della zona descrizioni manoscritte di studiosi settecenteschi.
Scrive il marchese Ceva Grimaldi orgoglioso del suo ruolo e conquistato dalla bellezza quasi mitica dei luoghi visitati lungo la costa adriatica:
 
Alla estremità della penisola tra l’Adriatico e lo Jonio è posto il celebre promontorio Japigio, che vien formato da due ramificazioni appennine, l’una che viene dalla Terra di Bari e l’altra dalla Basilicata: così il promontorio finisce a due punte. Queste chiamansi una di Leuca, una della Ristola: il seno intermedio dicesi il porto di Leuca che sembra quello descritto da Virgilio nel terzo libro dell’Eneide. [...] Io ero dunque sulla stesso sentiero battuto da Enea, da Ulisse, da Diomede, e dai cavalieri senza paura e senza macchia; le praterie che sono innanzi al santuario mi ricordavano i quattro cavalli bianchi come la neve che Enea vi mirò quale augurio delle guerre che soffrir doveva in Italia. Io considerava questi mari solcati tante volte dagli uomini più grandi della terra…..
 
E ancora oggi qui è reso possibile un viaggio che si compie camminando sulle orme mitiche degli antichi, riempiendone di presente le forme originarie.
Santa Maria di Leuca o semplicemente Leuca, dal greco leukòs che significa bianco, costituisce la marina di un piccolissimo paese all’estremo sud della penisola chiamato Castrignano del Capo. L’origine leggendaria della città ha molto fascino. Si racconta che regina di quello Specchio di mare dove si incontrano Jonio e Adriatico fosse una sirena tutta bianca e perciò chiamata Leucàsia, che col suo canto attirava i marinai.
 

leuca scogliera

Veduta di Santa Maria di Leuca

Ma non potè distogliere Melisso dalla sua amata Aristula, ed uccise perciò, per vendetta, entrambi, provocando una tempesta che doveva separarne i corpi per sempre. Dall'alto del suo tempio la dea Minerva vide tutto questo, e impietosita decise di pietrificare i corpi di Melisso e Arìstula, dando loro l'eternità; quelle pietre costituiscono la punta Meliso e la punta Ristola che, non potendosi toccare fra di loro, abbracciano quello specchio di mare. Anche Leucàsia, pietrificata dal rimorso, si trasformò nella bianca città di Leuca.
Sin dall’antichità Leuca è stata indicata come il finibus terrae, ma anche il luogo in cui si incontrano e si dividono il mare Adriatico e lo Jonio. Dal terrazzo circolare del suo faro è possibile vedere un panorama unico: ad Oriente, i monti dell'Albania, ad Occidente i monti della Calabria, a Mezzogiorno l'isola di Corfù.
Finisce qui il percorso adriatico dell’Intendente borbonico, che ci ha condotti tra passato e presente attraverso paesaggi mozzafiato e un mare cristallino, in luoghi che vedono protagonisti l’arte e i monumenti antichi e l’enogastronomia, ma dove anche la natura è monumento vivente, in quella che Dante descrisse come terra sitibonda ove il sole si fa vino.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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