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Lettere a Winckelmann(XVIII sec.)


Itinerario curato da Patrizia Pascazio

 

Primavera del 1767. Il giovane futuro diplomatico della corte di Federico II di Prussia, JOHANN HERMANN VON RIEDESEL, barone di Eisenbach, allora ventisettenne, parte da Napoli sulle tracce dell’Antico, per un viaggio nello spazio e nel tempo che lo porterà sulle coste della Magna Grecia, nell’Italia meridionale.
Il viaggio è stato a lungo progettato con l’amico Johann Joachim Winckelmann, il “padre” del Neoclassico, ma l’archeologo non può più partire: sta ultimando la stesura dei Monumenti antichi inediti. Von Riedesel andrà dunque da solo, ma scriverà di continuo all’amico, raccontandogli tutto ciò che vede, a partire dal suo punto di vista di viaggiatore sospinto dalla passione per l’Antico. Queste lettere costituiscono il testo del Viaggio in Sicilia e in Magna Grecia (Reise durch Sizilien und Grossgriechenland), il primo “viaggio neoclassico” in Italia. 

Winckelmann
J.J.Winckelmann

E’ una parte di questo itinerario che proponiamo di seguire, sulle tracce del viaggiatore settecentesco, dei suoi pensieri e delle sue emozioni, alla scoperta di un insolito Adriatico, di quanto è rimasto intatto dal passato.  Dalla Sicilia  e da Malta il barone riprende il mare su una speronara per sbarcare a Taranto e poi a Gallipoli il 23 maggio 1767, dove congeda l’equipaggio di sette marinai per proseguire via terra il suo viaggio lungo le coste:
"Feci il viaggio da Gallipoli ad Otranto (Hydruntum) a cavallo per un percorso di trentasei miglia. Otranto è sito nel mare Adriatico, come  voi sapete, dall’altro lato dell’Italia". (pag. 19-20)

gallipoli
Gallipoli

Il nostro viaggiatore fa una sosta a metà percorso:
“A mezzo cammino, in un posto dove si fanno rinfrescare
 i cavalli, vi è un luogo consacrato alla devozione, detto Madonna di Scarnachia; uno zelo pio vi attira una gran folla di pellegrini da tutte le parti”.
Anche per i viaggiatori del Viaggio Adriatico proponiamo una piacevole sosta, per uno spuntino  sotto un pergolato, e una appassionante ricerca del santuario di cui parla Von Riedesel, di non sicura identificazione. Vi sono nella zona diversi luoghi di culto mariano, interessanti da vedere, fra i quali ciascuno potrà a suo parere identificare il posto visitato dal nobile tedesco.

 

Suggeriamo una visita a:
-  Santa Maria delle Grazie, a poca distanza dalla costa jonica;
-  Santa Maria della Lizza (o dell’Alizza), sul luogo dell’antica Aletium;
-  Santa Maria della Cultura, a Paràbita;
-  Madonna della Campana;
-  Santa Maria della Croce;
-  Santa Maria della Strada;
-  Altre minori chiese e monasteri della zona.
Il barone è preso dal fascino melanconico delle rovine di cui è disseminato il paesaggio, ma anche attento alla flora e alle attività del luogo:
"A sei miglia da Otranto si veggono frequenti e notevoli vestigia dell’antica  via, che i Romani avevano costruita da Taranto a Hydruntum… E’, come la via Appia, e come tutte le antiche vie dei Romani, pavimentata di grosse pietre irregolari; a destra ed a sinistra, vi è una quantità di tombe; non ne ho notato se non una sola conservata, di forma quadra, e sormontata, al di sopra della sua volta, da un piano di pietra. Tutte le altre, di forme diverse, rotonde, quadrate, bislunghe sono rovinate e senza iscrizioni. La campagna tra Otranto e Gallipoli è fertile di ulivi, la pastorizia è molto rinomata, come la lana e la qualità dei montoni, che pascolano in un terreno molto secco”.
Otranto

Otranto

Ancor oggi ci si può ritrovare immersi in questo paesaggio immemore del passare dei secoli, dove è facile incontrare ancora pastori colle  loro greggi, e dove poi potrete acquistare dei capi di quella lana di qualità, che ancora si produce nella zona, e gustare dei formaggi di quella pastorizia, prodotti localmente con gli antichi metodi.
Così appare Otranto agli occhi del barone:
“I dintorni di Otranto sono deliziosi: vi sono molti vigneti e giardini; la città è piccola, e non contiene, se non tremila anime”.
Malgrado la popolazione sia naturalmente molto aumentata, entrando attraverso la porta tra le alte mura, il centro storico di Otranto, con le sue stradine abbarbicate intorno ai bastioni del castello e digradanti verso il  limpido azzurro del mare, conserva la dimensione a misura d’uomo, l’equilibrio dei rapporti volumetrici osservati da Von Riedesel.
I dintorni offrono la possibilità di passeggiate a piedi tra i campi, lungo vie sterrate tra siepi di more e bulbose in fiore, e possibilità di alloggio in deliziosi agriturismi, di solito ricavati dalla ristrutturazione di antiche masserie.
A qualche chilometro di distanza, Porto Badisco, una minuscola località sul mare, offre uno stupendo percorso a piedi lungo la costa, in direzione di un torrione in rovina, e insenature dalle acque trasparentissime.

 

veduta di porto badisco        porto badisco       porto badisco, veduta  

Porto Badisco

Quanto ai vigneti, la produzione enologica pugliese ha compiuto in anni recenti un salto di qualità, ed è possibile trovare interessanti vini nelle enoteche locali, o visitare direttamente le cantine delle aziende dove si producono i migliori vini salentini.
Nelle giornate più limpide, di cielo terso, da Otranto si vedono le montagne dell’Albania, che evocano memorie classiche nel viaggiatore nostalgico occidentale, che le identifica con gli avamposti della Grecia:
Le montagne di Albania, che un canale di sessanta miglia separa da Otranto, e che sono perennemente coverte di neve, si veggono molto chiaramente
 
Acrecerauniae horridos montes;
…vicina Ceraunia juxta
Unde iter Italiam, cursusque brevissimus undis.
otranto

Otranto 

Alla vista della Grecia, mi è sorto un vivo desiderio di andarvi, e se mi fossi trovato munito di lettere commendatizie e del denaro necessario, su due piedi, mi sarei imbarcato ad Otranto”.
Di Otranto Riedesel descrive a Winckelmann la cattedrale, trascurando l’eccezionale mosaico del pavimento, per fermarsi con precisione su altri aspetti architettonici: 
“La cattedrale (il duomo) è una grande costruzione gotica, sorretta da colonne antiche di granito e marmo di differenti specie. Al di sopra del coro vi è una cappella sotteranea, la cui volta è parimente sorretta da colonne antiche; sono più piccole ma belle ed i marmi diversi quali il giallo antico, il pavonazzo ecc. ecc. Ve ne sono parecchie sormontate da belli capitelli; ne ho notati due, fra gli altri, che hanno ai quattro angoli delle figure di uccelli…”.
Lecce, Particolare della Chiesa di S.Croce

Lecce, particolare della chiesa di Santa Croce

Riedesel nota ancora, con interesse, una torre quadrata forse d’epoca romana accanto alle mura.
La città si distende ad arco sul mare, e il suo lungomare è un ininterrotto susseguirsi di spiagge dall’acqua sorprendentemente cristallina.
Von Riedesel riparte quindi per Lecce dove giunge in una giornata, a cavallo:
“Lungo il cammino si riconosce la continuazione della via Appia, che andava da Brindisi ad Otranto;  ne sono conservati dei frammenti e, a destra e a sinistra, si osservano tombe rovinate”.
A metà strada Martano attira la sua attenzione, coi suoi abitanti di stirpe greca, che ne conservano lingua e costumi, e per le antiche medaglie e pietre incise che si trovano nei dintorni; ma tutti i villaggi lungo la strada, immersi nella solarità del Mezzogiorno, con le case di pietra dal colore luminoso, disseminati nel paesaggio-giardino delle colture  adriatiche, presentano il carattere estetico unitario del territorio salentino:
“I villaggi tra Otranto e Lecce sono i più belli di tutta l’Italia; le chiese e le case sono costruite con una pietra bianca che rassomiglia alla pietra di Malta;…il paese è molto ben coltivato, e sembra un giardino continuo”.
Ma interessanti scoperte possono presentarsi ai viaggiatori moderni, se si spingeranno a  qualche puntata nell’interno, per esempio a Veglie, non lontana da Lecce.

Lecce, Campanile del Duomo e Osservatorio

Lecce

Dell’architettura leccese Von Riedesel rifiuta però nettamente, secondo i canoni del Neoclassico, il gusto Barocco, che solo il novecento ha acutamente rivalutato e che egli, come d’uso nel settecento, definisce ‘gotico’:
“Lecce è, dopo Napoli, la più bella e la più grande città del reame…Le vie sono larghe e ben pavimentate; le chiese, come le case, sono costruite con una pietra bianca che si trova sul posto. Questa pietra, uscendo dalla cava è molle e facilmente vi si fanno su delle decorazioni, come se fosse della cera…”.

lecce,santa croce

Lecce, Santa Croce

Questa pietra, assai diffusa nel Salento, si presta alle grandi costruzioni, come alla lavorazione  di moltissimi oggetti, ed è tutt’oggi la fonte di un ricchissimo artigianato che, con quello della cartapesta, è assai diffuso nelle botteghe del centro storico della città.
Riedesel scrive ancora dell’artigianato del merletti, coi filati prodotti nel paese; ma soprattutto si sofferma a descrivere le ricche facciate delle chiese e i quadri al loro interno.
Frequenta durante il suo soggiorno i palazzi della nobiltà leccese (che ancora si innalzano imponenti nel centro storico, come il Palazzo Palmieri) soprattutto ammirando lo spirito e la grazia nel danzare delle donne.
 
Ma in realtà Otranto riserva altre sorprese, come i ruderi di un’antica chiesa, ai piedi del castello, dalle cui rovine si scende verso il mare, e una chiesetta bizantina, interamente affrescata, dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Conosce studiosi locali, come Ortensio Leo, un appassionato collezionista di pietre incise, cui è intitolata la biblioteca di Brindisi. Qui è tra l'altro conservato il manoscritto, di cui il giovane amico tedesco scrive a Winckelmann, in cui Leo elenca i monumenti antichi a quella data conservati nella città. Un viaggiatore curioso potrebbe consultarlo, utilizzandolo come guida per un’appassionante verifica attraverso i percorsi della città attuale.

Veduta di Brindisi

Veduta di Brindisi

Nuovamente in viaggio per Brindisi, passando per i villaggi lungo il percorso nella campagna coperta di oliveti, si accosta alla città salentina attraverso il filtro settecentesco dell’estetica delle rovine e del dibattito sulla grandezza e decadenza degli imperi. La città vive, nelle sue lettere, attraverso la suggestione malinconica di questo doppio registro, dal porto un tempo popoloso (allora insabbiato) alle rovine, alle antiche tombe. 
“Da Brindisi mi portai ad Ostuni, piccola città di quattromila anime, sita su di un’alta montagna, dalla quale si gode una bellissima veduta; lungo il cammino si vedono gli avanzi della via Traiana o militare, e delle rovine di tombe in mattoni”.

colonna di brindisi

Brindisi: colonna alla fine della Via Appia (Ducros)


Spingendosi dalla costa verso il retroterra si incontrano, quasi a ridosso della marina, le Murge, estreme propaggini pugliesi degli Appennini, che offrono coi loro borghi pittoreschi frescura durante l’estate, dopo le giornate di mare lungo le vicine spiagge della costa, o passeggiate alla ricerca di funghi in autunno.

Locorotondo, veduta

Locorotondo

Oltre a Ostuni, che compare sulla collina, bianca nelle sue mura, inquadrata in una prospettiva di ulivi, segnaliamo nella zona Cisternino, Locorotondo e l’intera Valle d’Itria, ricca di eventi e manifestazioni culturali. Accurata è la descrizione della chiesa del Santo Sepolcro, costruita sui resti di un tempio antico.
E’ evidente come in questa città il tedesco si trovi a suo agio, entrando in quella trama di relazioni culturali e umane che si costituisce nelle province del Regno, in nome della comune passione per l’antico:
“Da Ostuni a Monopoli si attraversano dei boschi di ulivi ed, a sei miglia da Monopoli, si trovano le rovine della città di Egnatia:
                                            Dehinc Gnatia lymphis etc…
                                                                    (Horat. Sat. I, 5,67)”.
 

ostuni

Veduta di Ostuni
La costa presenta in questo tratto un susseguirsi frastagliato di insenature di scoglio e di lunghi arenili dorati, di dune e di macchia mediterranea (lentischi, mirti, ginepri), da Villanova a Torre Canne, a Savelletri, a Capitolo, paesi che offrono imponenti masserie d’epoca, trasformate in accoglienti strutture di Bed and Breakfast e ristoranti (ma è anche possibile affittare case contadine o ville per periodi di permanenza più lunghi). Nei loro retroterra agricoli, ancora così curati da costituire un paesaggio-giardino, i colori variano a seconda delle stagioni, attraverso la rotazione delle colture, dal rosso del terreno alle diverse sfumature di verde, tra alberi di fico, gelso e fichi d’india, oltre all’olivo che ne segna il carattere identitario costante.
Lungo la costa, oltre Savelletri, si trovano i resti dell’antica Egnatia: è l’Antico di cui va alla scoperta il viaggiatore neoclassico, è la spinta da cui muove il viaggio, l’emozione e la conoscenza che più conta comunicare all’amico rimasto a Roma: “Si veggono ancora le sue antiche mura, che si elevano di qualche palmo dal suolo…”. 
Dalle rovine, dalle pietre rimaste si può congetturare ciò che manca, ipotizzare edifici, usi, strade di  quella che fu la città.
monopoli

Dintorni di Monopoli

Riedesel non apprezza Monopoli, che offre invece una assai gradevole prospettiva sul porto, fra antichi palazzi e il castello di Carlo V, da cui parte una passeggiata panoramica sul lungomare, oltre a una rete di piccoli  e caratteristici ristoranti, sul mare e a ridosso del porto, nei vicoli del borgo antico. Con una sensibilità nuova per il pittoresco, che si va formando in quegli anni, il barone si accorge invece del fascino del paesaggio:
“I suoi dintorni sono belli, piantati di aranci e limoni, e la sua rada offre un colpo d’occhio molto grazioso”.
Qualche anno più tardi Goethe identificherà l’immagine dell’Italia come quella del “paese dove fioriscono i limoni”, e se questo è l’aspetto sognato dai viaggiatori dei freddi paesi nordici, è certo il Sud tale luogo, dove il mito diviene realtà.

 

Ancor oggi i giardini delle masserie, horti conclusi recintati da mura, sono in gran parte agrumeti, tra cui si mescolano gaggie, gelsomini dall’acuto profumo, melograni, alberi da frutto ormai scomparsi dal mercato, come quelli di sorbe, di azzeruole, e delle dolcissime giuggiole.
 

abazia di s.vito, Abate di Saint Non

 
 
 

Abazia di San Vito (Abate di Saint Non)

Il viaggio prosegue attraverso Polignano e Mola, “belle cittadine”, su cui si soffermano ben più ampiamente  altri viaggiatori contemporanei. Tra questi, l’Abate Saint Non, che nel suo Voyage pittoresque ne
presenta alcuni squarci in incisione, dalla grotta palazzese all’abbazia di San Vito, che guarda il mare e dove ancora, come nel settecento, è possibile consumare pasti assai gustosi.
polignano, veduta

Veduta di Polignano

 
Tornando a Riedesel proseguiamo con lui verso Bari:
“Il sito della città è dei più belli, ed il suolo, dei dintorni, dei più fertili: grano, olio, vino, pesca, tutto vi è abbondante (Piscosi moenia Bari, Horat)".
Riedesel si riferisce naturalmente alla odierna Bari vecchia, una piccola penisola sul mare, che dalla passeggiata sulla muraglia - le vecchie mura del borgo marinaro - alla splendida basilica di San Nicola e alle altre chiese romaniche, ai vicoli dove le donne sulle soglie di casa impastano a mano e vendono le caratteristiche “orecchiette”, la tipica pasta pugliese, al castello svevo circondato dal suo fossato e da giardini, offre un’immagine quasi intatta della città visitata dal nostro viaggiatore.
Si sviluppa, invece, completamente all’esterno la parte nuova, il borgo murattiano (da Gioacchino Murat che, allora re di Napoli, ne pose la prima pietra) sorto all’inizio dell’ottocento su un armonioso e razionale piano urbanistico. Anche il murattiano, col suo impianto arioso di isolati quadrati, contenenti ciascuno all’interno un giardino, con i suoi eleganti edifici a due piani (laddove non è stato troppo stravolto dal boom edilizio degli anni 50-60) offre piacevoli passeggiate e negozi eleganti, soprattutto d’abbigliamento, dove ancora ci si riversa dalla provincia, per gli acquisti più importanti.

grotta di palazzo

Grotta di Palazzo (Abate di Saint Non)

Riedesel, da buon protestante, si consente una sottile ironia sulla manna miracolosa di S. Nicola, ma ne loda le tele caravaggesche, presenti anche a S. Chiara.
A Bari il barone ha modo di incontrare collezionisti di vasi antichi “di bella forma e di un disegno perfetto”, come il canonico Pedruzzi, aristocratici di cui bolla illuministicamente la rapacità nei confronti del popolo, borghesi attivi, di  capacità imprenditoriali,  dalla sottile intelligenza. “Genio delicato”, “attività”, “industria” sono le qualità umane che rileva nella città che si accinge a lasciare:
“…vi si lavora bene il vetro , e vi si fabbricano molte tele di lino e cotone. Fino al caput mortuum non vi è vino che non si distilli,…Nei dintorni vi si trova un eccellente vino moscato”.

L’architettura razionalista del lungomare costruito durante il ventennio evoca le atmosfere rarefatte della pittura metafisica  di De Chirico, e a partire dalle sue ultime case si distende una lunga spiaggia fin quasi al paese vicino.
 

Veduta di Bari

Veduta di Bari

Il percorso prosegue verso Barletta: "Da Bari si va a Barletta per una delle più belle e deliziose vie… Di quattro in quattro miglia s’incontra un piccolo villaggio, e la campagna circostante è molto coltivata. Giovinazzo e Molfetta sono bellamente situate e graziose”.
Ma è invece Bisceglie, l’antica Vigiliae, ad attrarre l’attenzione di Riedesel, per un edificio di antiche terme:
“Prima di arrivare a Bisceglie, presso la città, vi sono delle terme o bagni antichi molto ben conservate. Per entrarvi si salgono sei scalini nell’interno; vi sono due gradini sotto l’acqua, gradini che girano attorno e servivano per far sedere i bagnanti…” (pag. 31-32)
 

BARLETTA

 Barletta (Abate di Saint Non)

A Bisceglie incontra costruzioni antiche di cui cerca di scoprire la natura, un ‘gioco’, un enigma stimolante  anche per il visitatore d’oggi, che, andando ancor più indietro nel tempo fino alla preistoria, potrà nelle campagne di Bisceglie visitare il dolmen tra gli ulivi.  
A sei miglia da Bisceglie, tra tombe e avanzi della via Traiana, Riedesel giunge a Trani, “piccola città, graziosa, molto viva” e infine, per una via ricca di avanzi di pietre e sepolcri dell’antica via romana a Barletta, che gli appare “una bella città” grande e spopolata. Una nota polemica anticattolica è riservata dal protestante Von Riedesel alla statua del colosso di bronzo:
“Credo che debba rappresentare Giulio Cesare, ma, a Barletta, han pensato di mettergli una croce di ferro nella mano per farne, senza dubbio, un Costantino”.
Trani, Cattedrale
  Cattedrale di Trani
Non è certa in realtà l’identità dell’imperatore raffigurato, ma in ogni caso di Barletta il viaggiatore tedesco apprezza la bellezza delle chiese, che anche il visitatore moderno potrà cogliere.
Ma soprattutto è la vicinanza del campo della battaglia decisiva di una famosa guerra del mondo antico  a suggestionare il giovane barone:

CANNE

 Canne (Abate di Saint Non)

“Spingendosi otto miglia innanzi nei terreni, si arriva da Barletta a Canne (Cannae). Questa città fu costruita su due colline, tra le quali, anche oggi, passa la via…Ho trovato, sulla collina alla destra, una colonna con una iscrizione…Si veggono, pur gli avanzi di una piccola casa e di un tempio…la metà della copertura del tempio, che è a volta, esiste tuttora. Sulla collina, al lato sinistro, si trova un’altra colonna, parimente molto danneggiata. Ai piedi di quella istessa colonna vi è un antico ninfeo in pietra, di forma quadrata, ben conservato, con una fontana di acqua limpida ed abbondante che si riversa in parecchie conserve. Tutto all’intorno si veggono delle vestigia di mura  antiche della città…Il campo di battaglia è una vasta pianura che quando io l’ho veduta era seminata di orzo e vi si trovano assai spesso, lavorando la terra, delle armi, degli anelli ed altre anticaglie”.
CANOSA

Canosa (Abate di Saint Non)

Ancora sette miglia e Von Riedesel attraverso un ponte sull’Ofanto posto fra due antichi sepolcri, uno dei quali in forma di torre, che ancora si profila nell’aspro paesaggio della terra di capitanata, e attraverso un antico arco di trionfo giunge a Canosa, dove individua un altro maggior ponte sotto cui passava l’antica via Appia in direzione di Ruvo, collegando Canosa e Bari attraverso Ruvo (l’antica Rubbiae).
 

 

Questa cittadina, che conserva un interessante centro storico dominato da un notevole duomo romanico, presenta bei palazzi nobiliari, tra i quali quello degli Jatta, sede di un piccolo (per proporzioni, non per ricchezza delle opere d’arte antica) museo neoclassico, fondato da un antenato collezionista di antichità, di ceramiche, vasi e oggetti che il territorio, disseminato di tombe (a partire dal settecento ed ancor oggi) restituisce all’aratro o alle ruspe.

 


 

La particolarità di questo museo, oggi pubblico, è di essere rimasto assolutamente inalterato nel tempo, così come lo volle e lo creò il suo fondatore all’inizio dell’ottocento, negli stessi spazi. Nel palazzo è possibile inoltre visitare un appartamento nobiliare ottocentesco, accuratamente allestito dalla famiglia Jatta, con esposizione di abiti antichi.
collezione museo jatta

Collezione Museo Jatta

 

Proseguendo da Canosa, giunto a Cerignola l’amico di Winckelmann gli scrive della ricchezza dei reperti archeologici, di antiche colonne e iscrizioni, delle sue congetture sul passaggio di là, per la via Appia di cui ritrova le tracce, del  trionfo  di Traiano di ritorno dalla spedizione in Dacia.

ducros, cerignola
Cerignola (Ducros)

Sul limitare della Puglia attraversa Ordona, allora un immenso podere appartenente all’ordine dei Gesuiti, dall’avena e dal grano di “altezza prodigiosa”, una sterminata distesa di cereali dorati, che fa appello alla sensibilità tutta settecentesca del barone, per il  rapporto tra la natura e le rovine: siamo sul luogo dell’antica Herdonia, i cui resti disseminati all’intorno studia e descrive con passione e perizia di archeologo:
“Su di una piccola collina molto vicina sono le vestigia della cittadella, della quale si riconosce anche la porta”.
Un tempietto, un luogo destinato a bagni sacri, resti di antiche gallerie, intraviste da un buco del pavimento stanno a testimoniare il passato tra il rigoglio dell’alta distesa di grano. La terra di Puglia tra campi coltivati e “terreni incolti che servono di pascolo ai bufali” resta così alle spalle del giovane signore tedesco, che riprende il suo viaggio dal ponte di Bovino.

bovino, castello

Castello di Bovino

Non senza essersi fermato a indagare illuministicamente l’interessante fenomeno dei tarantolati, cui dedica una minuziosa e suggestiva descrizione nelle sue lettere (pag. 36-37). Potrà farlo allo stesso modo il viaggiatore moderno, raccogliendo testimonianze soprattutto nel Salento, dove in estate molte iniziative di festa si richiamano alla “pizzica”, la tipica danza folcloristica derivante dall’antico rito dei tarantolati. Ma non è la stagione migliore per questo viaggio, che consigliamo piuttosto di intraprendere sulle tracce di Von Riedesel, escludendo i mesi più caldi, da marzo a gennaio, grazie al clima mite e all’inverno solare dei paesaggi pugliesi.

 

 

 

 

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