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Parabita

La storia
 
Secondo alcuni Parabita deriva da due parole greche che hanno come significato "intorno alle mura" o anche "dentro le mura" lasciando così supporre che il luogo in cui sorgeva il casale fosse circondato da mura e fossati. Per altri, il suo primo nome, Para-Bavota (presso Bavota), col tempo e negli scritti, viene cambiato e riportato non correttamente. Le varianti vanno da Bavarita, Paravite, Parabide, Paranate, Paravete, Parabice, Paravita.
Per la sua posizione é facile identificare, in Bavota, il primo insediamento dei Parabitani. I suoi resti, infatti, si trovano un po' più a nord dell'attuale Parabita. Con la sconfitta di Taranto, Bavota passò dai greci ai romani e, nei secoli IX e X, rasa al suolo dalle incursioni dei Saraceni, cadde con altre città vicine. I cittadini, sopravvissuti alle incursioni, rifondarono il villaggio. Risorta dalle sue ceneri, subì la dominazione Normanna e successivamente quella Angioina.
Con la sconfitta dei Del Balzo il feudo passa alla Regia Corte che lo assegna a Gaspare De Leo, creditore per eredità, con il vincolo di 300 ducati in favore della città di Gallipoli. Nel 1536, la baronia di Parabita venne acquistata da Pirro Castriota che dette lustro e splendore alla città. Agli inizi del 1700, venne messa in vendita e fu acquistata da Domenico Ferrari.   
Parabita, particolare
Durante questi periodi sono da annoverare alcuni passaggi storici salienti: nel 1484 si arrese ai veneziani che avevano conquistato Gallipoli; nel 1528, per assecondare il duca di Ugento, parteggiò per i francesi contro gli spagnoli dell'imperatore Carlo V, ed i francesi stessi si trincerarono nella zona, razziando e distruggendo il territorio circostante.
 

La città

Parabita accoglie diverse bellezze, tra le sue vie. Palazzi, Chiese, facciate, portali di grande splendore e dal sapore antico. Del secolo del barocco è il Palazzo Ardito, con una fuga di mensole, fra le quali, vi è scolpita l’immagine apotropaica del diavolo. quella d'angolo, vi è scolpita l'immagine apotropaica del diavolo. La leggenda dice che fu realizzata per scacciare gli influssi malefici che impedivano la costruzione del balcone, in realtà era un'usanza dell'epoca, come si può notare sulle facciate di molti Palazzi Barocchi, far scolpire questi mascheroni contro i malefici.
Alla metà di questo secolo risale la costruzione della Chiesa dell'Immacolata, splendido connubio tra la linearità e la semplicità dell'esterno e la tipica ricchezza di elementi barocchi dell'interno, completamente affrescata.
Nel 1698 si inizia la costruzione della chiesa del S.S. Crocifisso, dai Parabitani meglio conosciuta come Chiesa di San Pasquale, bella chiesa da visitare. Si possono anche visitare Palazzo Ferrari, sede della Pinacoteca, il Museo del Manifesto, unico nel suo genere, e la chiesa matrice.
Palazzo Ferrari

Castello
Di grande bellezza è il castello che viene ceduto nel 1853 al Notaio di Ceglie Raffaele Elia. Nel 1911 Raffaele Elia Junior fa ristrutturare il Castello dall'Architetto Adolfo Avena di Napoli. Nel 1913 dopo l'abbattimento della vecchia chiesa staticamente instabile, su progetto dell'Architetto Napoleone Pagliarulo, inizia la costruzione del Santuario della Madonna della Coltura, oggi eretto a Basilica, il cui culto era iniziato molti secoli prima.

Ultima opera realizzata in ordine di tempo è il cimitero monumentale, esempio pregevole di architettura, che assieme alla Grotta delle Veneri ha fatto conoscere Parabita nel mondo. Per la sua costruzione sono state sfruttate a pieno le caratteristiche morfologiche del terreno fatte di pendii e dislivelli tipici del Crinale sul quale si adagia Parabita.
Sul territorio Parabitano si possono ammirare ancora masserie, frantoi ipogei, chiese rurali, case a corte, molte edicole votive, cripte (S. Marina, Cirlicì), grotte ("Delle Veneri", "Matonna tu Carottu", "Mazzuchì"), i resti del villaggio neolitico e molte costruzioni di pietre a secco (Furneddhri).
 

 
Eventi, tradizioni e cultura
 
Narra la leggenda che un contadino, arando un pezzo di terra, incuriosito dal fatto che i buoi si inginocchiassero sempre allo stesso punto, scoprì sepolta una sacra immagine di madonna dipinta su un masso. Per la gioia e la sorpresa questi corse subito in paese per annunciare la formidabile scoperta e il popolo in processione trasportò nella murata città di Parabita la bella immagine della "Matonna ta Cutura". Dopo oltre sette secoli quell'evento si ricorda ogni anno. A mezzogiorno della domenica dedicata alla Madonna della Coltura, che si festeggia l'ultima domenica di maggio.
 
Un gruppo di giovani, i curraturi, simula la corsa del contadino verso il paese per annunciare la lieta scoperta, fermandosi ai piedi della statua della Madonna ferma "a sutta a porta" (il punto in cui sorgeva una delle tre porte della cinta muraria di Parabita, la "Porta di Gallipoli"). Per tutto l'Ottocento la corsa partiva dal Santuario; in seguito il tragitto si allungò e quale punto di partenza venne scelto "il Paradiso", l'antica masseria sulla via per Alezio: si chiama infatti oggi "la gara del chilometro".
Momento della festa di parabita
Veduta estiva di Parabita
Ma "i curraturi" rimane un appuntamento ineludibile per i Parabitani, ed anche per molti forestieri. In quel fatidico mezzogiorno di domenica tutta via Coltura si riempie di gente e fra due ali di cittadini applaudenti, passano i "curraturi' a ricordare un avvenimento che con i secoli ha caratterizzato Parabita, la sua cultura, la sua storia, la sua dimensione religiosa.
 
 


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