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San Vito Chietino

 

La storia


Il paese di San Vito sorge su uno sperone roccioso da cui domina la costa, variegata dall'alternarsi di rocce e dune sabbiose, tra il verde delle colline alle spalle e il giallo delle ginestre immortalate da D'annunzio.
 
E' questa natura, lievemente selvaggia, che intrigava il poeta per le sue storie galanti, tra cui quella con Barbara Leoni, vissuta nel suggestivo "eremo", immerso tra gli ulivi e gli aranci (tuttora esistente, sito a circa 2 km, ai margini di contrada Portelle, su un pianoro, affacciato su una piccola baia).
Entrata dell'eremo


La città

Sotto l'eremo, immortalato dal vate nel Trionfo della morte, è collocato il famoso trabocco del Turchino, dal nome dell’omonimo promontorio, ritenuto uno degli angoli più suggestivi della costa adriatica, meta di turismo intenso, ma non massificato, che fa capo al centro di Marina di S. Vito.
La parte alta del paese conserva ancora i caratteri dell'antico borgo fortificato e i palazzetti sette-ottocenteschi; nella chiesa parrocchiale, dall'interno ottocentesco, alcune antiche tele risalenti ai secoli XVII e XVIII.  Da visitare, di grande bellezza, la Chiesa dell'Immacolata Concezione, la Chiesa della Madonnna del porto, la chiesa della Madonnna delle Grazie o la chiesa di San Francesco da Paola.
 
Immagine panoramica di San Vito Chietino
La parte alta del paese conserva ancora i caratteri dell'antico borgo fortificato e i palazzetti sette-ottocenteschi; nella chiesa parrocchiale, dall'interno ottocentesco, alcune antiche tele risalenti ai secoli XVII e XVIII. 


Eventi, tradizioni e cultura

L’ultima domenica di luglio a San Vito ha luogo la Spettacolare processione a mare in onore della Madonna, con la partecipazione della flottiglia che doppia la costa.
A questa festa se ne aggiungono delle altre come la festa dedicata al patrono San Vito il 15 Giugno, e la festa della Madonna l’8 Maggio con un’altra Processione di barche.
Tipico di questa costa è il trabocco, una macchina da pesca formata da una struttura non fondata ma fissata in equilibrio a volte con strallo di cavi e con fissaggio di pali alla roccia.
 
Viene anche citato da d'Annunzio, ne "Il trionfo della Morte":
"La macchina pareva vivere di una vita propria, avere un'aria e un'effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni ed anni al sole, alla pioggia, alla raffica, mostrava le sue fibre...si sfaldava, si consumava, si faceva candido come un tibia o lucido come l'argento o grigiastro come la selce, acquistava una impronta distinta come quella d'una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avessero compiuta la loro opera crudele.."
Trabocco

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